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terà poi di giudicare quale delle due interpretazioni lo convinca di più, e gli sembri più verosimile: giudizio però personale anche questo e quindi variabile da lettore a lettore, ma sempre posato sopra un paragone di più storie. Se voglio dimostrare che Tacito si è sbagliato scrivendo la storia di Tiberio, devo raccontarla di nuovo e in modo che sembri più persuasiva, perchè più verosimile; senza però presumere mai di giungere ad una conclusione che sia definitiva, inoppugnabile, irrevocabile.

Desidera il lettore rendersi conto, come un critico, il quale voglia giudicare il valore intrinseco di uno storia senza rifarla, possa vaneggiare? Il Croce stesso ci somministra di ciò un curioso esempio. Il Croce aveva rasentato la verità — che la storia sia intuizione di stati di coscienza — quando scriveva a pagina 29 e 30: «la fantasia è indispensabile allo storico: la critica vuota, la narrazione vuota, il concetto senza intuizione o fantasia sono affatto sterili; e ciò si è detto e ridetto in queste pagine col richiedere la viva esperienza degli accadimenti, di cui si prende a narrare la storia, il che importa insieme elaborazione di essa come intuizione e fantasia; senza questa ricostruzione o integrazione fantastica non è dato nè scrivere storia, nè leggerla o intenderla. Ma siffatta fantasia veramente indispensabile allo storico è la fantasia inscindibile dalla sintesi storica, la fantasia nel pensiero e per il pensiero, la concretezza del pensiero che non è mai un astratto concetto ma sempre una relazione e un giudizio, non una indeter-