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ria vuol ritrovare i segreti della fortuna, i piani del destino, le profonde lezioni della vita; tanto che la sua narrazione, sorretta da una concezione generale del mondo, come da una intelaiatura, mira a un alto fine morale. Siamo usciti con lui dalla scarna annalistica per entrare nel pieno splendore del genere oratorio. Senonchè ci siamo entrati un po’ bruscamente. Non è possibile non avvertire in Sallustio — ed è uno dei suoi difetti maggiori, pur non essendo un difetto scevro di grandezza e nobiltà — una sproporzione tra il fine e i mezzi, tra l’intelaiatura e la tela: fine ed intelaiatura troppo grandi per i mezzi e per la tela troppo piccoli.

« Io credo che poiché ho deciso di vivere lontano dagli affari pubblici — scrive nella prefazione della Giugurtina — questa mia grande ed utile fatica sarà chiamata pigrizia da coloro ai quali pare somma attività andare mendicando il favore della plebe coi banchetti. E se essi penseranno in che tempo entrai nelle magistrature, e che uomini ne siano stati esclusi, e siano arrivati al Senato, conchiuderanno certamente che io per ragione e non per pigrizia ho cambiato parere, e che alla Repubblica verrà maggior bene dal mio riposo che dalla attività di costoro. Perciò io ho spesso udito che Q. Massimo e P. Scipione ed altri uomini illustri, eran soliti dire che quando guardavano le immagini dei loro maggiori, l’animo loro si accendeva di grande coraggio ». Chi non potrebbe lodare questo fine nobilissimo? Ma per assolverlo, non basta raccontare in forma e-