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Machiavelli condensò la sua dottrina sul governo delle republiche, e nel Principe quella sul governo dei principati tirannici, esaltandoli ambedue come i regimi ideali. E poichè le due opere furono scritte press’a poco nel tempo stesso, questa contemporaneità gli è stata imputata come atto di mala fede, quasi che scrivendo il Principe, egli avesse rinnegato o tradito i Discorsi, e viceversa. Ma, innanzi tutto, l’opposizione delle due opere è arbitraria, perchè non è lecito assegnare la teoria della repubblica ai Discorsi e quella della tirannia al Principe, con quel taglio netto che è d’uso: tra Il Principe e i Discorsi c’è tanta continuità e coerenza di pensiero, che son quasi un’opera sola. E tu non senti nessun distacco passando dal primo al secondo.

Fin dalle prime pagine dei Discorsi, il Machiavelli dichiara che Repubblica o Tirannia fa lo stesso. Imbevuti delle dottrine politiche del secolo XIX, noi non possiamo più capire questa indifferenza a scegliere due forme di governo, di cui l’una, secondo noi, deve essere il male, se l’altra è il bene. Ma il Machiavelli, vivendo quattro secoli fa, pensava che tutti gli ordinamenti statali hanno dei difetti e delle qualità. Nella sua teoria della trasformazione dei governi, 1 che anticipa quella di Vico, non si fa illusione sulla bontà di nessun ordinamento. Crede però che certe situazioni richiedono questo o quel governo, come più conveniente e adattabille. Esamina così le

  1. (1) Discorsi, I, 2.