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la rinascita 87


per insegnar l’arte di fondare, ordinare e reggere una repubblica nei tempi moderni, riempivano quegli spiriti ardimentosi, ma angusti, di invidia e nostalgia per la fortunata sorella di Roma; li accendevano forse anche incitandoli a restaurare uno stato repubblicano nella Firenze medicea (così forse due uditori degli Oricellari, Zanobi Buondelmonti e Cosimo Rucellai, gettandosi in una disgraziata congiura contro i Medici, pensarono di avere tradotto in pratica gli insegnamenti di Niccolò Machiavelli). Ma a torto, perchè il metodo del maestro non era monopolio della politica repubblicana. L’antichità era vasta, gli storici numerosi, le Deche stesse oceaniche e multiformi. Nel mondo classico era lecito studiare con uguale profitto le istituzioni tiranniche e le istituzioni monarchiche. E il Machiavelli voleva studiare repubbliche e monarchie, tanto che ritornando da Firenze, dove aveva commentato Livio negli Orti Oricellari, alla sua campagna, a quell’Albergaccio di cui parla nelle sue lettere, scriveva il Principe, ossia un trattato sull’arte di fondare e reggere una monarchia, attingendo anche per questo agli esempi dell’antichità. « Deve il Principe leggere le istorie ed in quelle considerare le azioni degli uomini eccellenti, vedere come si sono governati nelle guerre » 1.

Non tutti gli storici e non sempre i posteri hanno capito la vera natura di questo eclettismo politico del Machiavelli. Si ripete spesso che nei Discorsi il

  1. (1) Principe, XIV,