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dro, Leonardo infatti si andava persuadendo che, come le leggi naturali, anche quelle leggi che aveva in verità concepite lui, gli fossero state imposte da una fatale determinatezza dell’arte, di cui si sentiva l’umile schiavo. Coi pennelli nel pugno, vedendosi a poco a poco nascere un microcosmo dinnanzi agli occhi, si persuadeva invece d’avere imposte quelle leggi con la sua volontà creatrice.

«Per questo concluderemo — scrive della pittura — non solamente essere scienza, ma una deità essere con debito nome ricordata, la quale deità ripete tutte le opere viventi fatte dal sommo Iddio!» 19. E arriva alla conseguenza logica di questa premessa: sente crescere in sè medesimo la forza di un Dio.

«La Deità che ha la scienza del pittore, fa che la mente del pittore si trasmuta in una similitudine di mente divina» 20.

Mi si potrà dire che per dipingere un quadro, non ci sarebbe nessun bisogno di partire da così lontano e di avere delle ambizioni così vaste, e che forse Leonardo, nel tempo stesso in cui vedeva nella natura un ordine da ricomporre, ci vedesse, come gli