Pagina:Ferrero - Leonardo o dell'arte, 1929.djvu/166

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que soltanto, ma ci fa pentire di un sentimento, che deve sempre rinascere, complicandosi di pentimenti anticipati. E in verità non ci maravigliamo tanto della forma di un’opera d’arte, che non si può mai prevedere, come della concordanza stessa del nostro spirito con l’oggetto di questo stupore. Ci sentiamo in armonia con la causa della nostra sorpresa. Il piacevole non ci maraviglia a codesto modo; ad ogni modo, la sorpresa che provoca in noi si esaurisce in pochi secondi, e non ha forza che una sola volta. Il sapore di un frutto non è imprevedibile. Concludiamo dunque che questo piacere disinteressato, per il quale esigiamo un consenso universale è una «concordanza sorprendente con un tutto imprevedibile», e, per quel che riguarda il bello artìstico in particolare, «la coscienza che nessuno, fuorché l’artista, avrebbe potuto crearlo».


Esaminiamo, per cominciare, il bello di natura. L’hanno negato quei filosofi che del bello e dell’arte avevano fatti due sinonimi, ma, per quanto ingegnosa, questa rimane sempre una scappatoia; il bello natu -