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rale, perchè il fatto stesso che il piacere dinnanzi al bello di natura sia un sentimento universale e quello dinnanzi al bello dell’arte sia il privilegio di una élite m’ha fatto sempre pensare. Semplice com’è, spinge chi ci riflette sopra una strada, che può essere nuova e non è forse cattiva; ci persuade per cominciare che si può godere il bello della natura con l’istinto soltanto, senza che lo spirito debba essersi assuefatto, attraverso agli studi, a quel godimento; ci dimostra che possiamo ammirare una bella campagna anche senza esaminare noi stessi — spalancati dinnanzi a lei come alberi nel vento.

Noi godiamo infatti la natura senza possedere la chiave del godimento.

La prima definizione del bello naturale potrebbe essere questa: «Il bello naturale è quello che ci dà un piacere e che ci obbliga ad ammetterlo senza che possiamo spiegarlo».

Si è già cercato di chiarire il mistero di questa voluttà incomprensibile. Kant ha scritto che gli uomini godono guardando un oggetto della natura, non tanto perchè l’hanno giudicato bello, quanto perchè l’ha creato la natura, così che il piacere verrebbe distrutto se ci