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162 | il viandante |
L’uomo sulla mia mano umilmente si inchina,
Ma il brivido, il sospiro, il raggio ammaliatore
Mai dal fervido bacio non mi è salito al core!
E... chi lo crederebbe?... Mi annoio in strana foggia
Sono stanca di azzurro! Due mesi senza pioggia!
Sempre le belle notti, e la blanda stagione!
Il cielo è pei poëti, protegge il colascione,
E le stelle bisbigliano: Serenate!... Il mio nome
Accoppiato a un omaggio, sta per rimar, siccome
Un diletto a un affetto, o una rosa a una sposa,
In tutti i madrigali che il mite estate arrosa.
Però l’idolo io sono, e lascia il mio disdegno
Di una turba invidiata dietro i miei passi il segno.
L’avventurier toscano, ebro di immonde prede,
Getta l’oro, e le gemme, e i tessuti al mio piede;
E il doge orgoglioso, e i liguri artigiani,
Carchi di quanto alletta i desiderii umani,
Tentano a gara i lampi del mio sguardo sereno...
Nessun di una sorpresa seppe darmi il baleno!
Ah! questi uomini... li odio, li odio e li disprezzo!
Non son per essi un’anima... sono un ninnolo, un vezzo,
Soffro!... Viver così!... La vita senza amore
È vita?... non ho nulla; non ho il povero fiore
Che appassisce in un libro, nè i capelli donati.
Né i bisbigli da labbro a labbro confidati,
Di cui, tra veglia e sonno, ti rammenti i sapori!