Pagina:Fillia - L'ultimo sentimentale, 1927.djvu/89

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canzone di tutta una razza, dispersa in quella terra di fatica, che dimenticava in un’ora di nostalgia le tragedie del sole e del denaro — razza latina, buona, lavoratrice, un po’ selvaggia e un po’ sentimentale. E quegli uomini sconosciuti, guardando le stelle che erano le uniche cose uguali alla patria lontana, sentivano salire la dolcezza bianchissima di una musica stanca: si stringevano allora tra di loro, perdutamente, e cantavano con voce di passione le romanze pallide come la luna, cantavano forte perchè non volevano, non volevano piangere... (i tetti rossi dei paesi: nelle verdi campagne lombarde, sulle rive azzurre del Tirreno, nelle infinite lande di Castiglia e di Bretagna — e le piccole donne fedeli, dal riso largo, colorato, dal grembo di amanti e di madri — tutte, tutte le sere baciavano le piccole donne sulla porta del casolare..... ).

«Anche tu porti gelosamente nel cuore l’oppressione della tua malinconia: non è il ricordo di Sona, di lei, delle sue parole, della sua carne — è un profumo indefinito di passato, una musica di tenerezze senza nome, una poesia sussurrata come una carezza».

«Tu vuoi sempre, rabbiosamente, ricacciare nella tua profondità questo nodo di lacrime dolci: lasciale venire, qualche volta, perchè non fanno male — non possono farti male — ànno la lieve fragilità delle ombre e si disperdono al primo soffio d’energia. Sono morbide, timide, leggerissime — sono mani bambine che ti sfiorano piano i capelli neri,