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fina, e più propria, per rappresentar con un solo oggetto una chioma liscia, bionda, crespa, e ondeggiante tutto ad un tempo. Ecco di quelle squisitezze che si cercherebbero indarno in Omero. L’autor degli Annali tipografici, parlando della differenza che passa tra Omero ed Ossian, trova un vantaggio a favore del primo nella natura del clima. «Esso è ridente, dice egli, nella Grecia, e nell’Asia minore: laddove il nostro poeta non aveva altri spettacoli, che immense foreste, vasti e sterili deserti, montagne coperte di neve, nebbie eterne, mari burrascosi e cinti d’orribili scogli». Ciò è verissimo. Con tutto ciò non si vede che il clima ridente di Grecia abbia ispirata ad Omero una gentilezza d’immaginazione molto distinta: laddove l’occhio sagace di Ossian, rischiarato dalla finezza del suo spirito, fa scorgere in quei tetri spettacoli delle grazie invisibili a qualunque altro, e talora la sua fantasia sforza la natura a cangiar d’aspetto.

(14) Il carattere di Morna è quello d’una donna accorta insieme e risoluta. Ella sfugge una dichiarazione, e cerca di distrar Ducomano con una ricerca che dovrebbe interessarlo. Quando si vede stretta, abbandona le riserve, e lo rigetta con un sangue freddo il più disperante.

(15) Moriensque suo se in vulnere versat. Virg.

L’espressione di Virgilio è più naturale, quella di Ossian più energica. La morte dice molto di più. Una ferita fa una sola immagine visibile: la morte ne presenta un ristretto, e lo spirito del lettore ha la compiacenza di svilupparlo.

(16) Non v’è poeta paragonabile ad Ossian nelle narrazioni tragiche. Questa ha tutte le qualità di sorprendere e scuoter lo spirito. Il carattere fiero di Ducomano; l’atroce negligenza colla quale colui riferisce la morte del rivale; l’accortezza donnesca, e l’arditezza virile di Morna; lo stile rapido e conciso: infine que’ due gran colpi, ambidue, benchè simili, inaspettati, percotono e crollano l’anima, e lascianvi un’impressione profonda e complessa, che poi va a sciogliersi in una dolce tristezza. Io osserverò un artifizio ch’egli usa costantemente in sì fatte narrazioni, e che mostra il gran maestro. Egli da prima interessa il cuore coi modi i più toccanti. Come se n’è reso padrone, lo precipita violentemente alla meta, senza dargli tempo di presentirla. Di più, egli omette spesso qualche circostanza che rischiarerebbe il fatto, ma ne snerverebbe la forza. Come qui, non si concepisce chiaramente il modo onde Ducomano ferisce Morna. Ma Ossian sa troppo bene i colpi segreti dell’arte per non curarsi di ciò. Scoppia il fulmine, stordisce, abbaglia, e lascia in un’oscurità che mette il colmo all’orrore.

(17) Questa è la descrizione più ricca, più magnifica, e