Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/360

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Parvemi Gerra, che passò qual vento;
     Tal che in maggior sospetto oltre più corsi,
     195Fin ch’agli orecchi miei giunse un lamento.
I passi là, precipitando torsi
     Ed ahi! su l’erbe, che allagava un rio
     Del sangue suo, quella infelice io scorsi.
Mezza di sè già fuor, me non udio
     200La moribonda, che fra dolci lai,
     Che t’ho fatt’io, dicea, che t’ho fatt’io?
Or m’uccidesti tu perch’io t’amai?
     Ah qual crudel, qual barbaro t’ha ucciso,
     O mia Bianca, o mia vita? allor sclamai.
205Lentamente si volse e il guardo fiso
     Ella alcun tempo in me tenne a quel suono,
     Poscia ad un tratto si coperse il viso,
Padre mio, padre mio, disse, perdono!
     Il rimembrar di me deh non ti gravi,
     210Ch’io fui tradita, ed innocente io sono!
Ahi! Gerra al certo, ahi! che tu Gerra amavi,
     Dissi, e quell’empio... Ed ella: Il tuo furore
     Sovr’esso, padre mio, deh non s’aggravi!
Ch’io gli perdono: E in questo dir, sul core
     215La man fredda posando, nel mio seno
     Il debil suo capo abbandona e muore.
Io, che sentii me tutto venir meno,
     Lena cercai nell’angoscioso petto
     Tanta che a’ miei mi riducessi almeno.
220Oh quante volte il mio figliuol diletto
     Tra via chiamo per nome, e nelle care
     Braccia da lungi col pensier mi getto!
Quando, giunto anelante in su l’entrare
     Della mia terra dimandando aita,
     225Quel fero universal scempio m’appare!
S’ivi morto non caddi, l’infinita
     Pietade i falli miei sì gravi e tanti
     A terger nel dolor mi tenne in vita.
Per mezzo le ruine arse e fumanti
     230Vidi Nastagio, il mio buon servo antico,
     Mal vivo strascinarmisi davanti.