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Baldo, il mio figlio, già nell’arme invitto
155Che pronto accorse al mal guardato loco,
Da cento colpi vi restò trafitto.
Di faci armata e di coltelli, in poco
D’ora la turba furïosa orrendo
Fe’ di strage il terren, l’aere di foco.
160Sul minacciato limitar correndo
Intanto a quello strepito feroce
E le man supplichevoli stendendo,
Del mio Baldo la sposa, ad alta voce
Lui richiamava dal mortal periglio,
165Quand’ecco dall’albergo uscir veloce,
Col ferro in man, con affocato ciglio,
Il trionfante Gerra, che pel collo
Afferrandola, grida: Ov’è ’l tuo figlio?
Ove si cela il novellin rampollo
170Di quest’arbore illustre? Assai già spazio
Corsi tue case, ed or da te saprollo,
La donna esterrefatta a tanto strazio,
Udito il vano suo cercar, d’un riso
Lampeggiando, sclamò: Dio ti ringrazio.
175D’ira a que’ detti sfavillante in viso
Lo scellerato del pugnal le diede,
E a lei mostrollo di suo sangue intriso.
Parla, il fero le dice: ed ella vede
Quel sangue e non fa motto; ei dell’acuta
180Punta più crudamente il sen le fiede.
Parla, che vita e libertà renduta
Ti fia, soggiunse con dolcezza accorta;
Ma quella bocca, come pria, fu muta.
L’empio, cui rabbia furial trasporta,
185Vibrò gran colpo; e l’animosa e pia
Cadde fra cento morti corpi morta.
Io, che la valle discorrendo gia
In traccia della figlia, ed ahi! pur molta
Già reputando la sventura mia,
190Incontro a me per una selva folta
Alcun velocemente venir sento,
A cui, Sosta, diss’io, sosta ed ascolta.