Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/358

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115Compose i detti ed i sembianti sui.
     Lasso! io questo ben so, che il vergin petto
     Di miserabil fiamma arse per lui.
Da quella tigre in mansueto aspetto
     Fors’anco alla meschina in cor fu posto
     120(Che non crede fanciulla al suo diletto?)
Come ambeduo le genti, non sì tosto
     Lor nodo marital fosse palese,
     Avria le sanguinose ire deposto.
La poverella mia, senza difese
     125Contro forza d’amore e di pietade,
     Ella che sempre a comun pace intese,
Ella nel fior della ridente etade,
     Ella che nova in tutto si rimase
     Del falso mondo e di sue torte strade,
130Dal menzogner che sì la persuase,
     Tutta rapita in sua dolce speranza,
     Trar si lasciò delle paterne case.
Pensa quand’io, per amorosa usanza
     Nè presago in mio cor di nostro danno,
     135Riposi il piè nella deserta stanza!
Che val ch’io dica lo stupor, l’affanno
     E l’inchiedere e ’l correre e ’l chiamare,
     Di sventura temendo e non d’inganno?
Cerchiam tutti il castello; e quando pare
     140Che quivi nulla omai speme rimagna
     Di riscontrar quelle sembianze care,
Io forsennato e il più della compagna
     Gente, di tutto obliviosi allora,
     Fuori ci disperdiam per la campagna.
145Ahi ch’era questa la terribil ora
     Apparecchiata dalle inique frodi!
     Chè i Ronchi dell’agguato uscendo fuora,
Visto libero il varco e sì di prodi
     Scema la terra, dentro s’avventaro,
     150Come lupi in ovil senza custodi.
Al subito furor nullo riparo:
     Primo Ranier, non più degli anni afflitto,
     Brandia con polso giovanil l’acciaro,