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Firenze sotterranea 103


Allora il Ghetto smise di esser prigione, diventò sentina, fogna dove scorse ogni fiumana di vizio. Sulle prime, i più schivando il dimorare tra le pareti, dove si era consumata una sì lunga e penosa ingiustizia, fu riparo alla miseria: e non poche famiglie, buone, intemerate, comecché povere, vi rimangon tuttora.

Poi vi corsero da ogni parte i bricconi e vi racconterò di quale stoffa. Di repente la Polizia tutte le volte che si commetteva un delitto cominciò a far sorprese nel vastissimo casamento. E vi trovava quel che cercava. Ma i manigoldi provvidero a far in guisa da stornar le sorprese. Abitando ne’sotterranei di quelli stabili fecero buche nelle pareti: e di cantina in cantina per quei fori giunsero a poter correre sotterra tanto tratto da procurarsi uscite dalle case di piazza dei Marroni, di piazza della Fraternità e via della Nave. E si noti che in quelle cantine non è luce, V inseguimento difficile, pericoloso.

Il Ghetto si prestava mirabilmente con i suoi cupi androni, che si diramano per ogni verso, con le sue torte scalette, i corridoi, che s’intrecciano, e si scompartono in molteplici branche, con fughe di corti, di arcate, di terrazze, con le facili comunicazioni di casaccia in casaccia, di tetto in