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Il tenente stette un quarto d’ora ad aspettare la carrettella sulla porta dell’osteria. Dopo un altro quarto d’ora di viaggio per la nuda e gelida campagna, non vedendo nè case, nè chiese, interrogò il vetturino e dovette, suo malgrado, persuadersi che il perfido Mefistofele lo aveva spedito a Vicenza. Furibondo, ordinò di fermare. Passava una frotta di ragazzi cantando in onore della stria. Uno di loro si accostò alla carrettella e gridò sul naso del viaggiatore:


De Pasqua un bell’agnèlo,
De carnevale un bel porzèlo,
De Nudale un bel capòn,
Buona notte sior paron.


«Va all'inferno!» rispose il tenente. Voleva ritornare in dietro, castigare quel birbante, ma poi riflettendo, capì che sarebbe stato uno sproposito e ordinò rabbiosamente di proseguire.

«Mefistofele» che si era accontentato di veder la carretta uscir dal villaggio e prendere la via di Vicenza, andò poi a casa più frettolosamente