Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/195

Da Wikisource.

96
Non dette prima fór queste parole,
allor niente, nonché poco, intese,
ecco la turba, che non sa né vuole
viver senz’esso, in vista si gli rese.
O sia la terra senza o sia col sole,
di verno, state o temperato mese,
non cessa d’ irgli dietro; e se talora
schivata vien da lui, se ne martora.
97
Qual spirito la stringa a questo fare,
oltre ’l disio d’udirlo e l’util trarne,
non sa, perché ’n lei dorme il singolare
lume de la ragion, sepolto in carne:
pur, desta da natura, par che stare
non possa senza lui, donde portarne
bisogna Tesser suo, per cui diviso
l’uomo dagli anima’ porta alto il viso.
98
Iesú, che le create sue bell’alme
da sette millia vedesi negli occhi
languir dei corpi sotto gravi salme
e star di senso in guisa d’arsi ciocchi,
giunse con alta voce al del le palme,
dicendo: — Oh quanto è il numer degli sciocchi!
soperchio è il grano e chi di noi sei miete?
Però convien eh’ i’ spegna quella sete. —
99
Cosi ragiona, e, Tinvisibil croce
tolta sul core, affretta il passo e tace;
la grave turba, che ’1 suo gir veloce
non sa che importa, si consuma e sface,
seguendolo tre giorni ; né fu voce
che ’n lui garrisse mai come ’l fallace
popolo ingrato nel deserto fece,
che bestemmiollo, di lodarlo invece.