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Giá de la terra incominciáro a poco
a poco l’ombre ad ingrossar la notte;
tornasi ogni animale al proprio luoco,
chi a la cittá, chi al bosco, chi a le grotte;
la pazza farfarella corre al fuoco;
s’appresta il pelegrin, ché non s’annotte.
Cosi lesti, per acquetarle ornai,
piega le turbe a la citá di Nai.
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Qui, mentre i citadin gli apron le porte,
si come a lui c’ha quanto vuol potere,
ode voce donnesca pianger forte
mezzo a gran copia d’allumate cere;
però che l’aspra ed implacabil Morte
inort’ ha non so qual gioven, che dolere
non pur la madre fa eh’ è vidovella,
ma vien piangendo il popol dietro a quella.
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Quatlr’ uomini del corpo sotto il fasce
stèro ad un cenno sol del Re de’ santi,
il qual, volgendo a quella sol d’ambasce
nudrita madre, disse: — Or questi pianti
voglio, donna, ch’ai morti eterni lasce,
anzi co’ vivi eternamente canti! —
Poi con la voce giú nel centro udita
quell’alma rivocò dond’era gita.
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Come, dal suo legame sciolto il core
ed aperta la via del senso agli atti,
alcun ch’abbia dormito da sett’ore
movesi in prima, e poi mentre gli estratti
vaghi pensier da l’oblioso umore
riduce al seggio del lor re contratti,
stropiccia gli occhi e quanto può si stende,
indi si leva, ed opra quanto intende;