Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/252

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Ma la risposta, che lor fece, quale
potuto arrebbe a tigri, a lupi, non che
piegare i cuori agli uomini, fu tale:
— Ahi menti furibonde, ahi voglie tronche
di bel raggio divino e naturale,
che ’1 vostro sempr’errar per le spilonche
d’ importun ’ombre in stato tal v’ha scorte,
ch’ornai vi lece disperar le porte !
77
Voi come ciechi, sordi ed impetrati,
contrari a chi ’l mal vostro ognor sospira,
m’apponete fra gli altri mille aguati:
che de’ demòn la peste non si tira
per me de’ corpi fuor, se congiurati
prima non sian in spirto orrendo d’ira,
lor duca Belzebú, lor fier tiranno:
parole, inver, che ’n sé ragion non hanno!
78
Ragion derrebbe a voi pur dare aviso,
come colei che scorge al dritto passo,
ch’ogni qual sia regnarne in sé diviso
cade sosopra e fassene conquasso,
finché dal fondo e ceppo sia reciso;
come si sa ch’ogn’alto stato a basso
sen giace per discordia, ed in contraro
per pace l’umil cose al ciel n’andáro.
79
Se dunque un pravo spirto l’altro oppugna
(sciolta cagion d’odio fra loro e lite),
bisogna ch’esso regno si disgiugna
né sian lor squadre in maltrattarvi unite;
ché, mentre vincer Belzebú la pugna
vuol contra Satanaso, assai spedite
da’ lacci d’esso andranno l’alme vostre,
fatte sicure a lor contrasti e giostre.