Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/289

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S’Esso, eh’ è vita mia, sostien martire
di mille morti, e come mai poss’io
altro che mille volte ognor morire
e nutrir sol di pianto te, cor mio?
Tutte Tonte, gli oltraggi, sdegni ed ire
han congiurato in lui, eh’ è fonte e rio
di grazie e di pietá: donde contenta
son di portar quel ch’entro mi tormenta! —
9
Cosi con volontario duol gemea
Tunica de le donne ragionando,
e con la santa man si sostenea
Tumida guancia a capo chino, quando
Giovanni pien d’affanno v’aggiungea
con Madalena e l’altre, che cercando
la lor Signora quinci e quindi vanno,
eh ’esser lei fatta un mar di pianto sanno.
10
La qual si leva e poi, da lor seguita,
va verso Gierosolima e ragiona
cose alte a lor, coprendo la ferita
che le dá di martirio ornai corona.
— Andiamo — dice — al Largitor di vita,
ch’oggi dal centro tutti noi sprigiona;
andiamo al necessario sacrificcio
del Figlio non piú mio, ma del suppliccio!
11
Figlio d’obbrobriosi oltraggi e pene
fatt’è quel mansueto senza essempio;
ma non v’offenda s’oggi egli sostiene
de le sue pure membra il duro scempio,
e s’ai flagelli s’apriran le vene
del precioso sangue al popol empio.
Cosi vuol Esso, ed è bisogno il voglia,
perché de l’alrne ornai l’error si toglia.