Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/9

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A LI VALOROSI CAMPIONI DI CRISTO E DEL PADOLIRONE ABITATORI Da piú persone, secondo il mondo, a me benevole sono stato importunamente sollecitato di dovere a’ ricchi e poderosi uomini, si come a grossi pesci, gittar l’amo di questi miei semplicissimi ragionamenti per adescarne, oltra il favore, eziandio qualche cosetta de li dati a loro beni di fortuna. Io che, la Dio mercé, con meco mi godo di non aver terreno piú di quello si mi appiccia in andando sotto le piante, me ne sono liberamente riso; parendo egli a me non esser prodezza di fedel cavalliero di povertá il cosi voler fare, tuttoché se ne potesse non meno empier de ambiziosi perfumi la testa che del loro argento la borsa. E tanto piú che essi valorosi principi né piú né meno portano bisogno di questi miei cosi fatti componimenti perché ne possano esser fatti per lode immortali, che io di quelle facultá loro perché ne resca piú beato di quello mi sono. A voi, dunque, poveri di spirito e copiosi di divine grazie, mando quel tutto poco di pane da me fra questi nudi sassi per spazio di tre anni raccolto, non perché né a voi né a’ simili vostri come ad affamati sia egli da essere spezzato ed antiposto, i quali del vostro suavissimo i cari figliuoli, oggi mai dal latte distolti, nudricate, ma dignarete forse di almen gustarlo per levarne giudicio, se per innanzi da voi lo megliore si poterá sperare. Giá non per altro che per ubbedire quegli onorati maggiori miei, Basilio, Teofilo, Leonardo ed altri prudentissimi uomini, sonomi forse ad una tanta impresa con troppa baldanza rallentato; sedendomi pure ne la memoria quel loro spesse volte