Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/112

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Com’è caduta, lasso! da quei seggi
aurati tanto del suo nobil tempio
30fra mille mali e centomila peggi!
Ben mostra ch’ella nacque allor che l’empio
Cain menti ver’ Dio del frate ucciso;
però qui di miseria è fatto esempio.
Or dunque la vii fante indotto a riso
35il volgo avea, mentr’urta col somero,
cogliendo l’uova in capo, il fango in viso.
Alfin, da quegli abbietta in sul sentiero,
come cosa negletta, stavvi sola,
tutta impastrata il corpo infetto e nero.
40Fra tanto una gran voce d’alto vola,
cui, santa e grave, somm’onor si debbe,
che cominciò: —Che fai, d’odio figliuola?
Mostrato hai bene alfin che un padre t’ebbe
lordo amorreo, la madre tua cetea;
45né d’esser cosi nata mai t’increbbe.
Serva d’Ogo e Magogo e cananea,
odi quanto ti parlo, e ascolta bene,
putta di Zebbe, iniqua Zebusea!
Piacenti un poco quel che a me appartiene
50dal tribunale e me dal soglio porre,
stando per un, cui l’una parte attiene.
Io giá potei di Babilonia tórre
over d’Egitto donna, ed ambedue
valor ebber il mondo a sé sopporre.
55Ma per domar superbia c l’ale sue
spennar, c’ho fatto il mondo e sfarlo penso,
volli te sola e le bassezze tue.
Non ti ricorda, s’hai pur senno e senso,
che io di poca terra ed umil stato
60t’alzai dei gradi al piú elevato e immenso?
Or sia principio alle tue fasce dato!
Quando nascesti, alnten chi ti levasse
dal crudel parto, dimmi, fu trovato?