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CANTO XXV

Fine della querela dell’altissimo Dio contro la Sinagoga.
Elezione della santa Chiesa.
— Io, quel solo ab aetemo, il qual eterno,
mio eterno Figlio e Spirto eterno, imparto
eternalmente ogni contento eterno;
io, quel cui sapienza in un sol parto
5e d’amor pieno il mondo immenso fece,
immenso all’uomo, a Dio pusillo ed arto;
ecco al giudizio altrui m’acchino, invece
d’alcun mortai, che prende a far litigio
contro sua donna, se il divorzio lece,
io Né mi riprenda alcun, che di fastigio
tant’alto, innanti alla sentenza data,
l’abbia giú messa in tanto amar servigio.
Tal cosa non ho io fatto; anzi l’ingrata,
con gli adúlteri suoi da me partita,
15se stessa u’ la vedete si è gittata.
Oh insaziabil lupa, che, invaghita
di questo e quello, a quanti van per via
s’abbietta se medesma e s’è invilita!
Oltra di questo, l’infinita mia
20sostanza d’oro e gemme ed altri beni,
mentr’era in stupro e sotto e intorno avia;
essendo í mechi suoi giú sazi e pieni,
tolse l’oro e l’argento, ch’io le ho dato,
e maseoii ne fece biechi e osceni.
25Essa ciascun di quelli ebbe addobbato
di vesti, ch’eran mie, di piú colori,
e degli odor miei sacri profumato.
Poscia con essi usava, e quegli onori,
che a me si fan sull’are d’agni e buoi,
30essa d’altro lor fe’ che capre e tori.