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CANTO I

Figura del discorso fatto per Io mar della Scrittura santa.
Invoca Gioseppe in luoco del morto Palermo.
Stanca la nave mia solcar tant’onde
per lo profondo mar de’sacri inchiostri,
or siede a ristorar le fiacche sponde.
Del fier Nettunno abbiam provato i mostri,
5dal forte mio nochier poco stimati,
fin che del porto entrammo i tuti chiostri.
Nochier mi fu Palermo, che i latrati
di Scilla quinci, di Cariddi quindi
ha nell’ondoso e stretto mar passati,
io Securi andammo alli ciclopi, e d’indi
con piene vele in alto abbiam veduto
d’Europa i mari, gli africani e gl’indi.
Or chi mi dá speranza d’altro aiuto,
che il Palinuro mio m’è tolto? Quando
15piú ad uopo m’era, lasso! io l’ho perduto.
So ben che noi l’atroce Uranio infando
sospinti avria coi suoi fulminei spirti
lá ove scuto non vai, non elmo e brando;
so ben che n’assorbean le ingorde sirti
20e i rotti golfi e scogli, ove piú volte
ne s’arricciáro i peli duri ed irti ;
se non foss’egli stato, che le molte
fraudi del tempo, i segni e l’arte a pieno.
l’insole aperte intese e le sepolte.