Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/149

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Son forse io degno, lasso! starvi innante?
Innanti a chi?... Deh, non abbiate a schivo,
135fior d’ogni grazia, un lordo ed ignorante! —
Cosi parlando, come fuggitivo
servo che trema, le mi gitto a’ piedi.
Corr’ella, mi dá mano, e torna’ vivo.
Poi disse: — E chi son io? perché mi cedi
140con abbassarti tanto e darmi loda?
Ch’io sia di Dio la Madre? Troppo eccedi.
Fa’ dunque, o Filoteo, che non piú t’oda
darmi alcun vanto, mentre in carne sono,
che il fatto in sacrificio si è la coda. —
145Non le rispondo, eccetto che perdono
con gli atti chieggio, ed infinito abisso
d’umiltá scuopro de’ suoi detti al suono.
Fra tanto il nostro tener Crucifisso
ha fame, ha freddo e accenna con vagito
130l’alma sua Mamma e guatala ben fisso.
Io lor do loco; e mentre l’infinito
valor di quel Fanciullo alle mammelle
di mortai Madre pende, ad un convito
fui con Gioseppe d’acqua e di nocelle.