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CANTO II

Peregrinaggio dell’autore — Palermo pastore — Narrazione

Giá l’orizzonte ardea verso ponente,
ove il maggior pianeta i crini accolse,
chiudendo il giorno all’affannata gente.
Io, stanco peregrin, come Dio vòlse,
5tolto d’Egitto venni a Palestina,
quando il ver lume agli occhi miei si sciolse.
Era quella stagion che in fredda brina
vedesi il verde e i fior voltati in ghiaccio,
biancheggiar l’Alpe e fremer la marina;
10quand’io dall’alto Libano m’affaccio
sopra una lunga e spaziosa valle,
che tra piú rivi ha il bel Giordano in braccio.
Laggiú m’invio per tortuoso calle,
ove piú mandre di pastori trovo,
15ché queti stanno ne’ loro antri e stalle.
Chiamo di fuor, né piú oltre il passo muovo,
si per l’aspro abbaiar d’audaci cani,
si per lo loco a me sospetto e nuovo.
Ma quei, non men cortesi, dolci, umani
20di quanto esser dovrian chi in bei palagi
e corti stan con le guantate mani,
nelle lor basse case ed umil’agi
m’accolser via piú fidi che sian entro
le clamose cittá tetti malvagi.
25Di così orrevol’ospili sott’entro
una di piú capanne, ove la mensa
delle vivande lor giacea nel centro.
Oh viva pace, o fedeltade immensa,
oh vita fra’ mortai piú che felice
30ove senz’astio il tempo si dispensa!