Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/14

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Quando aggeli gli umor, quando gli accendi
dond’è il fuoco, la grandine, il baleno,
Tacque, che dal mar tolte al mar le rendi,
ioo Per te natura e il tempo non vien meno:
l’una di produr forine e sempre fare
quel che l’aer, la terra, il mar n’è pieno;
l’altro disfarlo e d’ora in ora trare
quattro stagion per giorni e mesi a fine,
105chiudervi Tanno e poi ricominciare.
Tu d’opre umane autor, tu di divine,
scegliesti l’uomo sol ch’erede fosse
di tutto ciò che intorno ha il ciel confine.
Ma l’incostante ingrato il collo scosse
no dal tuo si leve giogo, e per cagione
di tutto il mal da tutto il ben si mosse.
Le qualitá che tanto gli fúr buone,
fatte contrarie, oppresso si il lasciáro,
vassal di morte e servo di Plutone.
115L’ira tua giusta ed il flagello amaro
di legge, del peccato e inferno insieme
con lor pungenti spiedi il circondáro.
Ma troppo, Signor mio, le piaghe estreme,
che dánnogli nel petto e nella gola,
120troppo la morte sua ti tocca e preme !
La tua dell’altre amata piú figliuola,
dolce Pietade, al collo si ti cinse
ambo le braccia ed intertenne sola;
cosi ben disse, cosi ben ti strinse
125con argomenti saldi, che per l’uomo,
ver’uomo, nascer d’uomo ti sospinse.
Salisti alfin in croce, ove del pomo
l’acerbitá si scosse. Il fato anciso,
morso l’inferno, il re delTombre domo,
130sciolti noi fummo e aperto il paradiso.