Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/152

Da Wikisource.

Vieni a veder Chi stipa d’ombre felle
il cavo centro, e d’indi giá ti scosse,
s’hai qui con teco, pessima Babelle.
70Credi aver fatto assai, perché riscosse
hai tu di sotto terra e poste a luce
in piú d’un tempio de’ miei santi Tosse?
perché nei di solenni miei riluce
la ròcca tua di fiamme, zolfi e bombi,
75e il volgo i baccanali circonduce?
perché per lor s’imprimon cere e piombi,
mandando l’alme al ciel, senza ch’uom pravo
pianga in cilicio e stringa in ferro i lombi?
Ed io ti dico che le man mi lavo
80di queste cosi fatte tue festacce,
eh’è un gran casson, ma dentro bugio e cavo.
Anzi, se vuoi ch’io caramente abbracce
verun piacer di te, fa’, mentre dormo
nel feno mio, che il sonno non mi scacce.
85Con quelle trombe tue, con quel tuo stormo
di cantator, con corna e con richiami
di cacce ed uccellar non mi conformo.
M’introni il capo, dico, ed i legami
del sonno rompo al grido d’ubbriachi
90Sdegno tai cose; lasciale, se m’ami!
Ver è, s’a riconoscer prendi e vachi,
e vedi te non fra grandezze e pompe,
ma tigri a’ fianchi aver, leoni e drachi,
io ti so dir che il marmo ti si rompe
95del cuor e il grosso tronco c’hai negli occhi,
e fuor di quei lo tuo Eufrate erompe.
Oh dolce suon, se queste corde tocchi,
e musica gentile alle mie orecchie!
e certo strai, se cosi l’arco scocchi!
100Vòltati un poco a ripensar le vecchie
e sante prove dell’antica Roma:
felice ogni cittá, eh’in lei si specchie!