Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/193

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Ciascun saggiollo in spirto e stette acceso.
Sol il Battista le due grazie ottenne,
eh’oltre sentirlo agli occhi fagli reso.
Quali dal nido le anco mille penne
battono i polli a lei, che gli empie il gozzo
e per nudrirli ogni altro ben contenne;
non men Giovanni, ancor in piume e rozzo,
al vivo pan che il suo Signor gli apporta,
guizza, gambetta e in ventre dá di cozzo.
Sente il materno spirto e sen conforta,
ed a parole non mortali e sante
d’affocati pensieri apre la porta.
Poi ch’ebbe detto, il sovrumano Infante,
in grembo a Pudicizia e fra le dive
sue grazie, stava dritto in su le piante;
guata quell’altro, e queste ardenti e vive
parole incominciò divinamente
(Giován le ascolta solo e in cuor le scrive:)
— Tu, innanzi che giammai fosser distente
le viscere materne ove t’informo,
sempre mi fosti, com’or sei, presente.
Io son, né fuor di me fu alcun. Io dormo,
e il cuor mio veglia in me. Nel ciel son Dio,
qua in terra Dio ed uomo, il qual reformo.
Ecco, tu, liber d’esto umano oblio,
per me santificato innanzi ch’esci
di vulva, conosciuto hai Tesser mio.
A me sei fatto; a me nel ventre cresci ;
e fra le genti a me sarai profeta,
che a me trarrai, siccome in rete pesci. —
Giovanni a lui con voce mansueta:
— Ah ah ! Signor, ah ah ! che in tal impresa
mia pueril etá parlar mi vieta ! —
Cui Cristo: — Il giogo mio non molto pesa;
ch’ovunque t’invierò, tu, infante, irai,
e fia la lingua tua dal mondo intesa.