Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/195

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Sará delle giá roche antiche trombe
una sonora alfin, che introni e tocchi
105sul vivo i morti e cacciali di tombe.
Sará chi a sordi e ciechi orecchie ed occhi
dia pronti a udir lo vero ed abbracciarlo,
veder il falso, acciò non vi trabocchi.
Sará colui, cui fia bisogno alzarlo,
110me sminuire alfin, ch’io sono indegno,
ed altri ancor saranno, di scalciarlo. —
Cotai ragionamenti non fu degno
mortale orecchio udir, né esse madri
sentian parlar nel proprio ventre pregno.
115lo fra quel tempo, ad asce, a serre, a squadri
intento, in Nazarette dimorava,
osservata cittá da’ santi padri.
Madonna, che me indegno molto amava,
dalla cugina sua congedo tolse,
120ch’ai parto in pochi di si avvicinava.
Forse vederla partorir non vòlse
per lo futur concorso al parto novo,
si che l’affetto a me benigna volse.
Io ben degno le fui che sotto giovo
125arassi come bestia i campi, mentre
ver’ lei di gelosia mi strinse il chiovo.
Ché, quando vidi lei tornar col ventre
alquanto in fuor: — Ah! — dissi — creder deggio
ch’a simil puritade adúlter entre? —
130Altrui dirlo abborriva, ed era peggio;
ché celato dolor piú forza piglia,
e a questo l’infernal non ha pareggio.
La vicinanza nostra e la famiglia
credean, come si crede, d’opra mia
135gravida lei, né vi torser mai ciglia.
Sol io quel succo amar di gelosia
bevuto avea, pensando il di, la notte
come da lei potessi tórmi via.