Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/203

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Cosi par qui, se Dio benigno possa
servirsi ancor di pravi spirti a buono,
mentre ii suo campo in ciel ad or piú ingrossa.
Fuoco e martello i fier tiranni sono,
35dond’Esso i figli suoi tramuta in oro
e tuttavia se n’orna il proprio trono.
L’odio di quegli e il duol d’ogni martoro
giovano si, che i torti nervi e piaghe
gemme son or dell’immortai Tesoro.
40Ma veggo in voi, signor, le voglie vaghe
d’intender la cagion perché travia
la musa e gir altrove par s’appaghe.
Io m’era con Gioseppe e con la mia
a me tropp’alta e nobile Matrona
45posto a sedere a mensa e vi arricchia.
Udia fra loro ciò che si ragiona
fra spirti buoni innanti a Dio, ciò c’hanno
a far della commessa a lor persona.
Ed ecco altre materie fuor mi tránno
50o tratto pare avermi di proposto,
che rittamente cónte a me non stanno.
S’io fui col Salvator nei di d’agosto,
perché Sisto, Lorenzo ed altri nomo
di quei del tempo assai da noi discosto?
55Tal è d’istoria dignitá, che l’uomo,
leggendo lei. siccome legger déssi,
vive fin a’ di suoi dal primo pomo.
Molti e molt’atti lessi, anzi non lessi,
ma vi travenni, vidi e da principio
60a Carlo quinto li aggio dentro impressi.
Stipendio fei sotto Camillo e Scipio,
poi contr’Ottavio col virile Bruto,
fin ch’ai celeste Re mi fei mancipio.
Però, signori, a voi quel c’ho veduto
65giá mille cinquecento e quarantanni
del Redentor, fu ordito e poi tessuto.