Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/204

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Né esposivi per altro de’ tiranni
l’uso crudel, ché, per venire al peggio,
di tutti è Erode falso e pien d’inganni;
70il qual, dal mal possesso regai seggio
temendo di cascar, cercò ch’estinto
fosse Giesú: però dir lui qui deggio.
Leggesi che Giacòb, sendo in procinto
per oggimai sbrigarsi a piú serena
75vita fuor d’esto nostro laberinto,
con deboi voce ed affannata lena
levò la testa un poco, ed un sermone
fece ai figliuoli, ed era udito appena.
Parlato ch’ebbe a Ruben e a Simone,
80eh’erano i primi, tutto riverente
voltato a Giuda, il gran mistero espone.
— Figliuol mio — disse, — or fisso denti a mente
quel che del gran desdn nelle radici
sta fermo in esaltare il tuo semente.
85Tu fia lodato sol tra’ piú felici
dell’universo e in mezzo alle tue squadre
le man terrai nei crini a’ tuoi nemici.
Adoreranno i figli di tuo padre
chi di te nasce altèro e forte Leo,
90per disgombrar le selve orrende ed adre.
Ma non verrá, se non quando l’ebreo
popol un strano re terrá sepolto
e, di regai, farallo vii plebeo.
Qualor, dunque, vedrai che il seggio tolto
95ti sia, datolo a strani, di’ che viene
quel tuo Promesso e d’indi t’abbia sciolto. —
Si in il parlar colui, che ingannò bene,
per Dio voler, il frate, porse a Giuda;
poi chiuse gli occhi spenti e fredde vene.
100L’esterno re fu Erode, ch’ebbe nuda
in braccio del buon Dio l’ingrata donna,
supposta in tutto a quella bestia cruda.
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