Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/224

Da Wikisource.

vuol Cristo nondimen ciò, che in figura
di Lui sta scritto e in cerimonie posto,
105scioglier e seco trarlo in sepoltura.
Esso in tre di se ne sciorrá tantosto,
giá ravvivato; ma di scritta Legge
quest’uso sempre rimarrá nascosto.
Altr’uso, altri costumi, altr’opre elegge;
110viensi allo Spirto, al circoncider solo
l’alme e purgarle e offrir del cuor le gregge.
Il pianto e degli eccessi l’astio, il duolo,
il cangiar vita, il reformarsi dentro,
saran di agnei, di buoi, di capre stuolo.
115Ma siamo giunti alla cittade, al centro
dell’ampia balla in piano posta. Ahi cieca,
ch’or non vedrai quel Re, che a te vien entro!
Quel, che chiamasti e cerchi, mò ti reca
la libertá; ma non la vuoi, ché troppo
120godi nel mal, troppo l’error t’accieca!
Tu viver pensi, e piú che di galoppo
sei corsa a morte. Tu veder pur credi,
e il lume hai sguerzo; andar, e il piede hai zoppo!
Esser ti persuadi sana, e i fedi
125tuoi membri van gli stomacosi vermi
d’ognor pascendo dalla fronte ai piedi.
Però t’annunzio che non puoi vedermi
nel fascio ch’or ti porta l’asinelio,
c’hai gli occhi al tutto spenti, non che infermi.
130Porto di contrabando un mio fardello
ch’or non ti paga il fio, né addurlo voglio
nel tuo dotaggio, ch’entro evvi l’Agnello.
L’Agno ho qui meco, il quale piú d’un foglio
del libro, ove tuoi debiti stan scritti,
135per scontar viene e tòrti un tal cordoglio.
Ho meco il sol refugio degli afflitti,
che per te scioglio e muovere non manca
sol ch’a’ suoi piè chiamar pietá ti gitti.