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Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/226

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CANTO XVIII

Appresentasi il Salvatore al tempio. Cantico di Simeone.
Or giunti siamo a quel famoso tempio,
ch’ad archi, aguglie, portfci e teatri
tolse giá il vanto e diede a lor l’esempio.
Dio l’architetto fu, che istrusse i patri,
5Mosé, David e Salomone e quello
che il ristorò poi gli anni torbi ed atri.
Quivi alleggiamo il dosso all’asinelio
di si gravoso peso, avendo il mondo
portato, mentre ancor portò Chi fèllo,
io Qui sulle porte, dentro, sopra e in tondo
fra ricche e superbissime colonne
va, vien, sta, corre, grida il volgo immondo:
volgo non pur di mascoli, ma donne,
ch’altre coi parti a collo, altre vi stanno
15a vender tele e rappezzate gonne.
Di quelle cose in quantitá qui s’hanno,
che chiede il tempio e tuttavia le assorbe,
e dei figliuoli d’Eli al ventre vanno.
Non son le viste nostre, no, tant’orbe,
20che non veggiam che sol Dio sente i fumi,
ed Ofni ad epa piena il muso forbe.
Cosi d’aitar si vide, al qual né fiumi
né mar né selva puon rifonder tanto,
che il concistor de’ lupi noi consumi.
25Cosi l’officio e ministerio santo
degli svelti leviti mostran fuori
porporee rose, e ortiche han sotto il manto.
Or qui Gioseppe compra fra’ minori
don, per offrir, due caste tortorelle,
30ché l’ascia non può darne de’ maggiori.