Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/24

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— Facciamo — disse — l’uomo, che figliuolo
mi sia, del mondo erede e simil nostro,
cui sotto giaccia l’uno e l’altro polo.
Facciamo l’uom, che al ciel vòlt’abbia il rostro,
35degno animai, che gli altri signoreggi
e di ragion solazzi il vago chiostro.
Facciamo l’uom, ch’eterno voi pareggi,
voi, spirti miei, ch’eterno neU’eterne
delizie mie fra voi sempre fiammeggi !
40Alfin nel mio consiglio si discerne
che l’uomo, a me figliuolo, a la mia destra
trascenderá voi, gerarchie superne. —
A tanto dir del seggio si sequestra,
ov’era Lucibello a Dio vicino
45in vista torta, baldanzosa, alpestra.
Ed ecco un stuol di spiriti repentino
vannogli appresso, e l’union si parte
quinci del mal, quindi del buon destino.
Michel si trasse alla fedel sua parte;
50dall’altra è Lucibello, e ornai s’accende
tra fidi e ribellanti un crudo marte.
Ma sopra tutti l’empio duca frende,
apostata superbo, e tra’ seguaci
suoi cavalieri zolfo ed ésca incende;
55e, poi che fatto gli ebbe contumaci
contra il suo Creatore, a lui va verso
e parlagli con gesti troppo audaci :
— Si veramente tutto l’universo
compiuto hai di formar: e me, l’egregio,
60me l’eccellente, l’alto, il bello e il terso,
me (ch’io sol tengo di splendor il pregio,
perché non so qual uom, non anco suto,
s’abbia di me piú largo privilegio),
come non son da te riconosciuto
65per quel che fatto m’hai? come t’appaghi
si nuocer me, ch’ancor non t’ho nociuto? —