Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/25

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Ah!—disse Dio — che i monti, piani e’laghi
lode mi dan, che Tesser dato ho loro,
nel qual, non men del ciel, si tengon paghi:
70e tu, che piú t’inalzo e piú t’onoro,
piú ancor rendermi grazie mi dovressi,
sendo tu donno e re del primo coro;
ecco, fatto arrogante e altier con essi
seguaci tuoi, non pur grazie non rendi
75a me, che per aurora mia ti elessi,
ma tanto il van desio sfrenato estendi,
tant’alto il mandi, sol d’invidia morso
c’hai dell’altezza mia, che un salto prendi;
prendi un gran salto in giú, di voglia scorso,
80dal piú alto cielo al piú profondo abisso,
né del tuo fallo senti alcun rimorso!
Ché, siccome credesti aver giá fisso
non men sublime il tuo del seggio mio,
ch’eterno avessi a star, non che prolisso,
85tanto piú basso e piú lontan da Dio
or va’ dannato eternamente al regno
d’ombre, di morte, di dolore e oblio! —
Si tosto che il divino e santo sdegno
fini di tanto dir, Michel il forte
90corse al rubello, ornai di vita indegno;
dagli le man nel petto, e l’urta forte
una e due volte, e fallo gir a terra
per dargli col suo brando eterna morte.
Allor vidi acciuffarsi orribil guerra
95tra questo e quello esercito, gridando,
come gridar si suole: — Serra, serra! —
Non grandine si spessa piove, quando
d’umor talvolta e fuoco un nuvol denso
va piante, armenti e case danneggiando,
100com’io vedea di quel conflitto immenso
venir cornuti e negri spirti abbasso
in un inferno fintamente accenso.