Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/275

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per le allusioni storico-biografiche che contengono: la loro autenticitá è sicura, perché le ricorda lo stesso Folengo (1, 303 nostra ediz.): «io bene di cotesto tuo ravviluppato Caos mi sono maravigliato, lo quale potrebbe agli uomini dotti forse piacere : ma non lo credo, e spezialmente per cagione di quelle tue postille latine suso per le margini del libro sparse».

Circa le questioni biografiche ed ermeneutiche che si accentrano intorno al Caos , mi limiterò ad osservare che, per me (cfr. Giornale storico d. lett. ita/., xxiv, 23 sgg.; Sul Caos del Tripernno, Palermo, 1896; Scampoli folenghiani cit., passim ; Giorn. s/or. cit., xxxv, 371-40»), quest’opera ha il fine precipuo di preparare, dal punto di vista monastico, il ritorno del F. in convento (al qual fine piú direttamente, anzi esclusivamente, è ispirato il poema V Umanitá)-, laddove, pel Luzio (Giorn. slor., xm e xiv; Studi folenghiani, pp. 107-110, 152-156, ecc.), è dichiarazione di guerra alle superstizioni monastiche in nome del «puro evangelio». Forse, tenendo presenti le singolari contradizioni e dubbiezze proprie della psicologia del F., ben lumeggiate in un breve ma rilevantissimo articolo di E. G. Parodi ( Marzocco , 21 maggio 1911), è piú nel vero Enrico Proto ( Rassegna crii. d. lett. it., iv, 29), quando asserisce del Caos: «Non è forse la preparazione esplicita del convento; ma è una confessione e una giustificazione, che ne lo faccia degno moralmente».

Circa la struttura e la tecnica dell’allegoria, è sempre utile il confronto giá fatto dal Flamini tra il Caos e lo Zodiacus vitae di Marcello Palingenio Stellato (in Spigolature d’erudizione e di critica, Pisa, 1895, pp. 153-161).