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CANTO IX

Lamento ed orazione di Natura al sommo Padre.
Del buon pastor non anco al fine giunta
fu quella vera e commoda figura,
che fuor del verde smalto un capo spunta.
Un capo pria, le spalle, la cintura
5col resto poscia in un lugubre manto,
c’ha forma di matrona, ed è Natura.
Pallido volto e pien di duolo e pianto
mi s’appresenta; ed un sospir amaro
leva con gli occhi e questo fiebil canto:
io — S’ io non sapessi e non mi fosse chiaro,
o sommo Padre, quanto d’importanza
sia stato il fallo del mio figlio caro,
non unqua caderei giú di speranza
di riacquistar piú mai gli andati beni,
15solo per sua, non per altrui mancanza.
Or che sperar si può, ch’io veggio pieni
d’ortiche, vepri, sassi, fango e luto
quest’orti miei, che giá fur tanto ameni?
Pur, quando in voi ripenso l’instituto
20vostro gentile, alla pietá si pronto,
mi drizzo in speme ancor d’avervi aiuto.
E qual aiuto chiedervi m’affronto?
il vostro Figlio, il vostro amor, il quale,
per sciòrre il fallo mio, a noi fia cónto.
25Non posso far che lui, come sleale,
ingrato ai vostri doni e grazie, o Padre,
non tratti quanto può trattarsi male.
E piú che l’amo, essendogli pur madre,
piú nell’avervi offeso in lui mi sdegno;
il batto, il caccio in selve orrende ed adre;