Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/58

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Costei, delle due prime assai piú bella,
d’un sciamito rosato a liste d’oro
105era coperta, vaga, lieta e snella.
Poi, giunta ov’eran l’altre dietro a loro,
fa cenno all’animal che il passo tenga,
per far invidia di Parnasso al coro.
Con voce d’armonia celeste e degna
110la dea, che veramente «dea» la chiamò,
mosse questa canzon di lutto pregna:
— Deh, Signor Dio del padre nostro Abramo,
miserere di noi, tuo popol caro,
ché dal nemico vinti e oppressi siamo!
115Non veggo al nostro scampo alcun riparo,
se gli occhi di pietá non volgi, come
volgesti ancor d’Egitto al giogo amaro.
Magnifica, Dio santo, il tuo gran nome
sopra la boria e nequitosa voglia
120di voler porre a noi crudeli some! —
Cosi cantando, esposesi la doglia
del vecchio uom nostro, cattivato e franto
dal fier tirán, che lui d’arbitrio spoglia.
Tai sensi dá di questa scena il canto.