Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/99

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Il qual, com’io giá uccisi un leon fiero,
e di si amara bestia uscii quel mele,
donde il mio padre ed altri si pascerò;
70cosi il peccato, forte, pien di fele,
piú forte atterri, ed alla gente presa
il dolce di sua grazia si rivele.
Tutti ne gusteranno, essendo offesa
da tutti l’alta Maestá divina,
75e cosi a tutti libertá fia resa. —
Poi Balaam, che all’asina s’inchina,
vecchiarei stanco ed iracondo in vista,
di gran valor soggetto c’indovina:
— Candida Stella, ond’ogni ben s’acquista,
So di Giacòb nasce con si nuova luce,
che fia dagli orbi ed adorata e vista.
E d’Israèl tal verga si produce
e di tal nerbo, che de’ moabiti
romperá i prenci ed ogni lor gran duce.
85Saran di Set i figli ad uno attriti ;
possederá le palme alfin d’Idume,
ed i trionfi suoi fíano infiniti. —
Cosi quell’indovin, c’ha per costume
giurar per Acheronte, alfin dignollo
90predicer Cristo l’inscrutabil Nume.
Lasciamo lui, che s’è nel ciel non sollo:
e se vi è Salomon, perché non meglio
questo di quel Dio tenne ed onorollo?
Mostraci poi quel vigoroso veglio
95Gedeón dritto il vello del montone,
donde di Cristo finse un chiaro speglio;
il qual verrá per tòrci di prigione
con tal silenzio, qual contien la pioggia
che su lanosa greggia si ripone.
100Poi, fatto un bel discorso, a un tronco appoggia
le man’ inserte, alzando il dolce affetto
col capo al cielo, e chiama in questa foggia;