Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/102

Da Wikisource.
96 orlandino


44
Frosina dorme, né ’l rumor ascolta,
ché ’l pianto dianzi fatto con madonna
in un profondo sonno l’ha sepolta.
Milone d’un lenzolo e d’una gonna
in un fardello tosto fa ricolta,
poscia, gagliardo, toltasi la donna
sul collo, via la porta con gran fretta,
giá sazio contra Carlo di vendetta.
45
Giá sazio di vendetta contra Carlo,
ché fe’ dopo ’l macello tal rapina;
ma sol amore non può saziarlo,
c’ha posto a quella ninfa pellegrina.
Portasi ’l dolce peso né lasciarlo
mai volse in fin ch’al logo s’avvicina
dond’or ne venne per la finestrella,
e, quivi giunto, in terra pose quella.
46
Ma non sí tosto giú posata l’ebbe,
che riede al seggio lor il spirto e ’l sangue.
Aperse gli occhi, e l’animo le crebbe:
— Dove sei, vita mia? — dicendo langue.
Milon risponde: — Donna, omai ti debbe
tornar il bel colore al volto esangue;
tessi pur tele Carlo, s’ei sa tessere;
s’è Amor per noi, chi contra noi vòl essere?
47
Guidarti meco voglio, s’el ti piace,
e trarti, ch’oggi è tempo, di periglio.
Sol Dio m’è testimon quanto mi spiace
doverti condur meco in tal esiglio.
Ma per locarti alfin ove sia pace,
far voglio da leon, non da coniglio,
e déi saper ch’assai minor è ’l danno
di pover libertá che un fier tiranno. —