Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/130

Da Wikisource.
124 orlandino


4
Berta sola rimane a la capanna
ed anco dorme di stracchezza piena;
pur l’alma entro ’l pensier tanto s’affanna,
che non s’acqueta la sospesa lena;
onde nel moto d’una picciol canna
ratto si sveglia e sente al cor gran pena
ché ’l suo Milone a lato non ritrova;
e qui di pianto un fiume si rinnova.
5
Stavasi dunque tutta penserosa,
la guanza riposando su la destra:
Febo, che vòl, possendo, d’ogni cosa
rendersi certo, venne a la finestra;
quando la dongelletta paventosa
del parto, su quel strato di ginestra,
sentir comincia pene di tal sorte,
che di men doglia crede esser la morte.
6
Stride con alta voce, rugge e freme,
torcendosi su l’uno e l’altro fianco:
verun non è che in quelle doglie estreme
poscia parlando confortarla almanco:
chiama Frosina ed altre donne insieme,
chiama Milone, ed il chiamar vien manco,
e solamente in quelle stalle immonde
un parete di sassi le risponde.
7
Ragion è ben che, d’un tal ventre uscendo
il fior del mondo e l’unica possanza,
difficil parto sia, duro ed orrendo
e faticoso assai piú de l’usanza:
ché se le gran prodezze sue comprendo,
quale fu mai (né mai sará) nomanza
di forza immensa, d’animo prestante,
simile a quella del signor d’Anglante?