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capitolo settimo 135


48
Cancar vi mangia! datemi a mangiare;
se non, vi butterò le porte giuso;
per debolezza sentomi mancare
e le budelle vannomi a rifuso.
Gente devota, e voi, persone care
che vi leccate di bon rosto il muso,
mandatimi, per Dio, qualche minestra,
o mi la trati giú de la finestra! —
49
Cosí gridava il pover’Orlandino,
ed or li prega ed or piú li minazza:
ecco gli passa innanzi un fra Stoppino,
ch’avea di pane un sacco e con la mazza
chiocca ne l’uscio a questo e quel vicino,
ch’anco ne vòl de l’altro e piú n’abbrazza
ch’egli portar non può, com’è l’usanza
di chi non san empirsi mai la panza.
50
Orlando se gli accosta col bastone
e dice: — O fra Sguarnazza, dammi un pane:
questo ti vo’ pregar per il cordone,
per le gallozze e le brettine lane:
so che l’aspetto tuo d’un bel poltrone
piú presto lo darebbe a qualche cane;
pur fa’ come ti par, ché in ogni modo
giá di volerlo qui piantato ho il chiodo.
51
— O Iesú Cristo! — disse suspirando
quel frate allor, e via sen va di trotto;
ma, piú di un gatto presto, il zaffa Orlando
per la gonella e fèl mostrar di sotto;
ché, del suo general contra ’l comando,
la sacca non avea del barilotto,
sí ben quella del pane in colmo piena,
talmente ch’egli move il passo a pena.