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136 orlandino


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— Sta saldo — disse Orlando — perché fuggi?
Mi fa di te pietá, che sei sí carco:
olá, fermati, frate, ché ti struggi
peggio d’un asinelio sotto ’l carco!
A cui dico, poltron? se non t’induggi,
per Dio, ti mostrarò ch’io non son parco
di bastonate, come tu di pane,
lo qual tu sei per dare a le puttane. —
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E detto ciò, come sboccato alquanto
(ché putti e polli imbrattano la casa),
scote la polve col baston del manto,
ch’omai poco di quella vi è rimasa:
perse la pazienza il padre santo
che ’l braccio d’Orlandino gusta e annasa
esser non di fanciullo, ma di Ettorre;
le sacche getta in terra e via sen corre.
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— Chi cerca l’orbo? — disse allor Orlando,
e preso il pane fugge vittorioso;
mai non si guarda in drieto, ma scampando
va piú che può di qua di lá nascoso.
Al fin giunse a la grotta, e Berta, quando
lo vide con quel carco ponderoso,
prima si dolse pel sudor del figlio;
poi, visto il pane, vi mutò consiglio.
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— Or mangia, madre mia, gagliardamente!
Panem doloris qui t’arreco inanti. —
E detto ciò sen leva un grosso al dente
e, dopo quello, cinque n’ebbe franti.
Berta sen ride solacievolmente
dicendo: — Figliuol mio, saran bastanti
cotesti pani per un mese intero.
Voglio mandarne parte al monastero.