Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/202

Da Wikisource.
196 caos del triperuno

voglio sculpite sian d’ogni tiranno,
lo qual non esser Dio, ma fumo e nebbia [«Pallida Mors aequo pulsat pede pauperum tabernas | regumque turres». Hor.]
s’intenda, e che non debbia
farsi adorar al mondo, perché vanno
e vengon tutti eguali di fral seme,
ma tal le piume, tal le paglie preme.

TRIPERUNO.

Dapoi li giorni e mesi, che ’n tal centro
sí lordo il mio destin crescer mi fece,
donna m’apparse a quel girone dentro, [Natura.]
ch’indi sciolto mi trasse d’orbo in vece,
poi molto altiera disse: — Or tienti in mente,
mortal, che piú tornar qui non ti lece! —
E ciò parlando, l’empia ed inclemente, [«Natura ceteris animantibus testas, cortices, coria, spinas, villos, setas, pilos, plumam, pennas, squamnas, vellera tribuit; hominem tantum nudum in nuda humo natali die abicit ad vagitus statum et ploratum». Ex Plin.]
nudo fanciul ne la stagion piú acerba
lasciommi solo e sparve incontanente.
Sparve costei d’aspetto alta e soperba,
ed ove allor passava, in ogni canto
seccar facea con fior e frondi l’erba,
fin che di neve col gelato manto
mi ricoperse intorno e monti e selve;
di che tremavo con dirotto pianto.
Miravami da lato e fiere e belve
con ogni augello d’alcun pel guarnito,
qual sia che ’n grotte alberghi o qual s’inselve;
ma sol io nudo sopra il nudo lito
stavami d’Aquilone sotto ’l fiato,
né fui per tanto da pietade udito.
Il qual piangendo mover quel spietato [Erode.]
avrei potuto, ch’ogni fanciullino
uccise per mal zelo del suo stato.
Chi vide mai d’inverno un cagnolino
tremar su l’uscio chiuso di chi ’l tiene
usato starsi di madonna in sino;