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selva terza 349


O dolce man ed occhi di pietate,
(ch’or man i’ stringo, ch’or begli occhi veggio),
morrò se ’l venir vosco mi negate!
Mentre vi guardo e ’nsieme favoleggio,
si rasserena e sfassi quella scabbia
nel cor giá fatta un smalto e duro seggio.
Qual sí fort’ira, qual schiumosa rabbia
non ratto cade al viso vostro onesto?
E pace mi chiedete in questa gabbia?
in questa d’error gabbia chiuso e mesto,
privo d’ogni, se non sia il vostro, aiuto,
dunque, ch’i’ v’ami e doni son richiesto?
Amarvi, anzi adorarvi, non refúto; [Summum et maximum mandatum est Deum colere et amare.]
ché, quanto parmi al bel sembiante altéro,
amarvi, anzi adorarvi son tenuto.

CRISTO


Oh se co’ l’occhio avessi ’l cor sincero,
piú che di for me ’ntenderessi dentro!
Però di me non hai giudicio intero.

TRIPERUNO


Non pur voi, ma me stesso, e ’n questo centro
come ’ntrassi non so. Ben or vi dico:
s’uscirne poscio, mai, non mai piú v’entro!
Non trovo in lui né porta né postico
per cercar chi’ mi faccia, e brancolando
in guisa d’orbo, piú miei passi intrico.
Oggimai tempo è trarsi d’ombra, quando
la luce de vostr’occhi essermi scorta
non sdegni a l’uscio per voi fatto entrando.