Vai al contenuto

Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/369

Da Wikisource.

selva terza 363


Ecco se lunge tua beltá si spande,
o causa se non prima, almen seconda,
ecco se chiara sei da tutte bande!
Verd’è la terra, gialla, rossa e bionda,
che ’l tuo pennello intorno mi la pinse
e mi la rese agli occhi sí gioconda.
E ’l ciel ne lodo, e lui che il mondo avvinse
di quel forse non mai solubil groppo,
né men chi a l’opra nobile t’accinse.

NATURA


Saggio animal, pur son colei che ’ngroppo
le fila ch’altri lá dissopra ordisce: [Donec in carne anima est, patitur inquietudines.]
lieta ne vo, ma non sicura troppo.
Anzi ’l vivo pensier, che m’addolcisce
pensando al tuo, non pur al mio decore,
sento che passo passo in me languisce. [Diffidentia.]
Deh! non fallir, alma gentil, amore,
che ad esser ti degnò suo dolce obietto,
dandoli tu, de cui si pasce, il cuore!

TRIPERUNO


Il cuor a lui giá diedi, ed ogni affetto
ho di seguir e non lasciarlo unquanco
per non privarmi del suo bello aspetto.
Non sazio mai, non mai vedrommi stanco [«Solent non nulli Deum in prosperis diligere, in adversis autem minus amare». Greg.]
mentre mi volgo a contemplar ognora
l’amor per cui di gioia mai non manco.
E pur se dubbia sei, madre, né ancora
ben stabile considri esser il chiodo,
battil cosí che mai non esca fora!