Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. I, 1912 – BEIC 1822978.djvu/131

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lettera xxxv 125


io mi riposo. Dove se’ ito, o buon tempo di prima? La mia ragione è malata e non può fidarsi che nel sopore, perché... guai se sentisse tutta la sua infermitá! Quasi quasi..., povera Lauretta! tu forse mi chiami...

Tutto!... tutto quello ch’esiste per gli uomini non è che la lor fantasia. Caro amico! fra le rupi la morte mi era spavento, e all’ombra di quel boschetto io avrei chiusi gli occhi volentieri in sonno eterno. Vestiamo la realtá a nostro modo; i nostri desidèri si vanno moltiplicando con le nostre idee, sudiamo per quello che vestito diversamente ci annoia, e le nostre passioni non sono, in fine del conto, che gli effetti delle nostre illusioni. Quanto mi sta d’intorno richiama al mio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza. Quante volte io scorreva teco queste campagne, aggrappandomi or a questo or a quell’arbuscello di frutta, immemore del passato, non curando che del presente, occupandomi sopra cose che la mia immaginazione ingrandiva e che dopo un’ora non esistevano piú, e riponendo tutte le mie speranze ne’ giuochi della prossima festa! Ma quel sogno è svanito! e chi m’assicura che in questo momento io non sogni? Ben tu, Padre della natura, tu che creasti il mio cuore, sai che sonno spaventevole è questo ch’io dormo; sai che non altro m’avanza fuorché il pianto e la morte.

Così vaneggio! Cangio voti e pensieri, e quanto la natura è piú bella tanto piú vorrei vederla vestita a lutto. E veramente pare che oggi il cielo m’abbia esaudito. Nel verno passato io era felice; quando la natura dormiva mortalmente, la mia anima era tranquilla!... Ed ora?

Eppur traggo conforto della speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita non vedrò forse il meriggio; ma la mia sepoltura sará bagnata dalle tue lagrime..., dalle lagrime di quella donna celeste. E chi mai cede a un’eterna obblivione questa cara e travagliata esistenza? Chi mai vide per l’ultima volta i raggi del sole, chi salutò la natura per sempre, chi abbandonò i suoi diletti, le sue speranze, i suoi inganni, i suoi stessi dolori, senza lasciar dietro a sé un desiderio, un sospiro, uno sguardo? Le persone a noi care, che ci sopravivono, sono parte di noi.