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lettere li-lii 165


LETTERA LI

6 giugno.

Qualora io medito i sentimenti della sua lettera, me ne rimango estatico, impietrito. Io la resi «infelice»!... e debbo «dimenticarla»? Eterno Iddio! milioni di secoli non sapranno estinguere la mia fiamma, se tu prima non distruggi ed annienti il mio cuore.

LETTERA LII

Ferrara, 8 giugno.

Eccomi giunto pur anche qui. Se mi vedessi! La febbre ostinata s’ingagliardisce e mi toglie affatto le forze. Io giaccio in letto; ma non dormo, non ho pace né tregua, e sempre la dolce immagine di Teresa, ovunque giri lo sguardo, mi si mostra, or su la sponda del letto pietosamente stringendomi una mano, ed or la veggio in un angolo dell’oscura mia stanza; rasciugandosi gli occhi, e turbata e tacita sogguardarmi.

Par che l’invocato sonno mi scenda mestamente su le stanche pupille... Buona notte, Lorenzo.

Ore 5.

Poco fa, tentai di alzarmi. M’affaccio al balcone, e a cento a cento s’accavallavano, sorgendo dalle vicine paludi, altissime colonne di torbida, fredda e densa nebbia; cosicché piú non vidi le mura, le porte e le finestre delle case propinque; il cielo sparve al mio ciglio; e tutto divenne un vasto mare di nebbia. Benché spossato e languente, pure il mio spirito si trasportava con avido pensiero colá nei nebulosi monti di Cromia e di Mora, fra l’urlante possa degli alpini torrenti e il lontano rombo dei fosco-mugghianti nembi. Vedeva perfino, o Lorenzo, fra que’ nugoloni addensati, le pallide taciturne ombre de’ guerrieri bardi errar lentamente, e inabissarsi poi e disperdersi colle loro lance di