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lettera di teresa a iacopo 179


cuore. Vedi tu, o Teresa, fra le ombre piú tetre della notte aggirarsi uno squallido e taciturno fantasma attorno al tuo letto? Egli è l’ombra mesta, estenuata, gemebonda del tuo Iacopo. Il mio spirito erra mai sempre vicino a’ tuoi fianchi, ed io qui non sono che un muto e freddo cadavere!

Morire!... Quale idea spaventosa! Non esser piú che lurido scheltro, che ossa spolpate, che verminoso marciume! E queste mani e questi labbri resi sacri da quelli di Teresa, in breve fracidi e schifosi... Dio!... che miserabile e vile cosa è l’uomo!... Ma sentirò io, colá rinchiuso nella cassa sepolcrale? vedrò cascarmi a pezzi le carni, rodermi le membra putrefatte? Un lieve fiato di spirito fará palpitarmi il cuore gelido e consunto? Amerò forse? Insensato!... tu giacerai freddo, immobile e senza senso; e piú non rimarrai che poca cenere e polve.

E dove, gran Dio, andrá cotesta forza motrice del mio corpo, dei miei pensieri, del mio cuore? Svanirá ella forse negli abissi del nulla? Tornerá nella infinita massa degli esseri ad animar la natura sotto forme novelle? Oppure... altra vita..., un tremendo destino..., l’eternitá? Io gelo...


Le ultime parole erano scritte con mano tremante, ed appena intelligibili. Qui forse dovette abbandonarsi a tutto l’orrore d’un sí funesto pensiero. Dopo lung’ora tornò a scrivere in un altro foglio.


Or mi riscuoto dal profondo abbattimento; un freddo sudore mi scorre per tutto il corpo; i miei capelli mi si arrizzano dallo spavento. E perché tremo adunque?... È pur dolce cosa il sollevarsi da un peso che t’opprime! Sí, Iacopo, la vita non ti è forse amara? E quando hai perduto Teresa, che piú ti resta d’una misera esistenza che tu stentatamente trascini?

E che? Questo corpo, vile e mortale, è tanto rispettabile e sacro, che l’anima, che lo muove, non possa e debba lasciarlo a suo talento? L’Essere supremo si compiace forse di farmi provar cento volte colla vita le tremende agonie della morte? Egli, cosí buono e pietoso! Ma non mi vede sfinito e consunto? Io sono un’ombra di me stesso; e dovrei pure terminarla...