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ultime lettere di jacopo ortis 259


26 ottobre.

La divina fanciulla! io l’ho veduta, Lorenzo; e te ne ringrazio. La trovai seduta miniando il proprio ritratto. Si rizzò salutandomi come s’ella mi conoscesse, e ordinò a un servitore di andare a cercar di suo padre. — Egli non si pensava — mi diss’ella — che voi sareste venuto; sará per la campagna, né stará molto a tornare. — Ho accostato la mia sedia alla sua. Una ragazzina le corse fra le ginocchia, dicendole non so che all’orecchio.— È l’amico di Lorenzo — le rispose Teresa: — è quello che il babbo andò a trovare l’altr’ieri. — Tornò frattanto il signore T***: m’accoglieva famigliarmente, ringraziandomi perch’io m’era sovvenuto di lui. Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina, partiva. — Vedete — mi diss’egli, additandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza; — eccoci tutti. — Proferí egli queste parole come se volesse farmi partecipe delle loro disgrazie e della loro felicitá. Si ciarlò lunga pezza. Mentr’io stava per congedarmi, tornò Teresa. — Non siamo tanto lontani — mi disse: — venite qualche sera a veglia con noi. —

Io tornava a casa col cuore in festa. O Lorenzo! lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare a’ mortali tutti i dolori? Vedi per me una sorgente di vita: unica, certo, e...chi sa! fatale. Ma se io sono condannato ad avere l’anima sempre in tempesta, non è tutt’uno?

28 ottobre.

Taci, taci: vi sono de’giorni ch’io non posso fidarmi di me: un demone m’arde, mi agita, mi divora. Forse io mi reputo molto; ma e’ mi pare impossibile che la nostra patria sia cosi conculcata mentre ci resta ancora una vita. Che facciam noi tutti i giorni, vivendo e querelandoci?... Insomma non parlarmene piú, ti scongiuro. Narrandomi le nostre tante miserie, mi rinfacci tu forse perché io mi sto qui neghittoso? E non t’avvedi che tu.mi strazi fra mille martiri? Oh! se il tiranno fosse uno solo e i servi fossero meno stupidi, la mia mano basterebbe.